Il 2016 è stato l’anno del food delivery che ha messo in difficoltà la ristorazione tradizionale costringendola a rinnovarsi e a ripensare alla propria organizzazione.
Quali sono invece le tendenze di questo 2017?
1- Location. Flessibilità nell’arredamento, tavoli più distanti tra loro, banconi alti per happy hour, angoli salottino, zone “bottega” con prodotti selezionati in vendita e pareti attrezzate per smartphone e tablet. Di tendenza anche locali alternativi come le food hall o in luoghi insoliti, senza sedie né sale, dove l’unico obiettivo è offrire un’esperienza e pasti di qualità.
2- Servizio. Via i tavoli scoperti, i tovaglioli di carta e i camerieri in t-shirt per tovaglie di lino, posate d’argento e camerieri in giacca: ritorna il servizio “vecchio stile”, classico ma elegante.
3- Verde. Cibi più sani, prodotti a km zero e sicurezza alimentare ma anche attenzione all’ambiente: no agli sprechi alimentari e sì al riutilizzo in cucina di prodotti che altrimenti verrebbero gettati.
4- Marketing e social. Il business ristorativo accoglie l’innovazione e il marketing digitale per attrarre nuovi clienti e trasformarli in fan, creare esperienze condivisibili e convertirli nei principali venditori. L’attività sui social non deve essere improvvisata e sporadica ma finalizzata all’informazione e alla promozione, all’ascolto e al racconto.
5- Organizzazione. Si predilige un’organizzazione interna orizzontale e non più piramidale, si sostiene il lavoro in team e si introducono nuovi orari con ridistribuzione dei turni di lavoro per un locale “sempre aperto”.
6- Dati. Sui social, nei rapporti con i fornitori, in sala, circolano dati utili per ricavare informazioni sui clienti e sul mercato per migliorarsi ed essere attrattivi per altri segmenti. Conoscendo i dati si può mirare ai gusti del cliente, rispondere a specifiche esigenze e andare oltre le sue aspettative per avere maggiori possibilità di essere nuovamente scelti.
7- Branded restaurants. Dall’introduzione di punti di ristoro in catene di retail non-food, all’apertura di catene di ristorazione di brand che non hanno a che fare con il cibo come i Ducati Caffè a Roma e Seoul. Oppure il caso di Kellogg’s e Nespresso che competono nelle grandi città con bar e ristoranti di cui in passato erano fornitori.