Ho bisogno di mettere un po’ di poesia nei miei piatti. La presentazione di una portata mi insegna nuove regole di armonia e attraverso questo esercizio trovo una forma di pace. Devo sempre dare un impatto visivo alle mie ricette. (Pierre Gagnaire)
Nel Medioevo si curava la presentazione di un piatto per distrarre dal cibo poco raffinato o non molto saporito; oggi certamente non è questo lo scopo 😉
Termine tipico del linguaggio della ristorazione, con impiattamento si intende la cura della disposizione del cibo sul piatto da servire affinché la portata possa essere gradevole agli occhi oltre che al palato. L’aspetto estetico di un piatto, infatti, è oggi importante quanto quello gustativo: se prima l’impiattamento era un semplice lavoro di completamento, una fase finale della preparazione slegata dal sapore e dalla ricetta, oggi la presentazione del cibo è parte integrante della ricetta stessa perché influenza anch’essa il gradimento e la valutazione complessiva da parte del cliente. Un piatto attraente per gli occhi verrà gustato con maggior piacere e verrà anche fotografato. Lo scopo è quello di stupire il cliente che vuole sempre più essere sorpreso: un piatto deve attirare l’attenzione e incuriosire, creando aspettativa prima ancora che la posata raggiunga la bocca. Un’esperienza in cui tutti i sensi sono coinvolti.
Per saper bene impiattare sono necessarie una buona dose di precisione, mano e molta creatività per essere sempre originali, ma anche esperienza, per capire quale tipo di impiattamento richiede un determinato alimento. Sono numerosi i corsi che vengono proposti attorno a quest’arte: non ci sono delle regole fisse ma si possono individuare alcuni principi di base:
- il cibo protagonista deve essere posto in risalto per essere facilmente riconoscibile, creando un equilibrio con gli ingredienti secondari
- mai riempire completamente il piatto ma ricercare sempre l’alternanza tra pieni e vuoti: porzioni esagerate o troppo scarne sono, in entrambi casi, poco invitanti
- “regola dei dispari”: utilizzare porzioni di alimenti in numero dispari per far sì che ogni pezzo esalti quello accanto; asimmetria e decentramento sono i nuovi trend
- preferire la verticalità
- utilizzare sempre decorazioni commestibili; di tendenza oggi il cibo “rotondo”e germogli di ogni tipo
- giocare con le consistenze liquide (magari con le “gocce di salse”) e solide, con il morbido e il croccante
- fare attenzione all’abbinamento dei colori tra i diversi ingredienti.
Particolare attenzione anche alla scelta del piatto giusto, dalla temperatura al colore. Il colore di un piatto non deve mai essere uguale a quello del cibo: il bianco e le tinte chiare sono l’ideale perché ogni alimento viene messo in risalto. I piatti quadrati e rettangolari sono molto versatili e adatti per pasta, carne o pesce. Nei piatti rettangolari lunghi il cibo può essere disposto per tutta la lunghezza; in essi lo chef ha piena libertà nella disposizione e può sfruttare le diagonali creando così collegamenti a croce o a triangolo tra gli alimenti. I piatti tondi sono adatti per zuppe, minestre, risotti e primi di ogni tipologia: il cibo viene posto al centro e poi contornato da salse, verdure o altro se previsto.
La novità di quest’anno è la ciotola (le cosiddette Buddha Bowls). Grandi o piccole, preferibilmente fatte a mano, le ciotole simboleggiano un modo nuovo, spensierato, leggero e veloce di mangiare: si mangia tenendole in mano, all’orientale, come fosse un piatto di street food. Le ciotole consentono di assaporare meglio i gusti e sono utilizzate soprattutto per piatti vegani nei quali gli ingredienti sono preparati separatamente seguendo precise regole di colori, calorie e associazioni tra nutrienti.